Hyphantria cunea è il nome scientifico di questo lepidottero che, introdotto dall'America in Europa nel '40, è giunto in Italia a metà degli anni '70. La sua diffusione nel nostro paese si è avuta lungo i percorsi autostradali, fatto che gli ha conferito il simpatico soprannome. Dai primi anni '90 è ormai presente in tutta la pianura padana e in alcune regioni centrali, quali Marche e Toscana.
Chiunque ne ha almeno sentito parlare ma forse non tutti sanno di cosa si tratti e quali siano gli effettivi danni causati da questo insetto.
Come Dr. Jekyll e Mr. Hyde, anche l'Ifantria si presenta con due facce, o meglio, sotto due differenti aspetti. L'adulto è un'innocua farfallina bianca, a volte punteggiata di nero, che raggiunge i 3 centimetri di apertura alare, mentre la sua larva è un famelico bruco dai lunghi peli e dal corpo giallo-verde prima e giallo-marrone poi, che non supera i 4 centimetri di lunghezza.
Il nostro clima consente all'Ifantria un ciclo biologico di due generazioni all'anno: in maggio sfarfallano gli adulti della prima generazione, quella definita appunto "primaverile" che, dopo l'accoppiamento, deporranno fino a 1000 uova sulla pagina inferiore delle foglie. Le piccole larve faranno capolino dopo 2 o 3 settimane e, dal nido di fili di seta in cui vivono in gruppo i primi giorni della loro esistenza, inizieranno a cibarsi delle foglie che le ospitano. Dopo un mese si annideranno in crepe di muri e di corteccia per compiere la loro metamorfosi e trasformarsi in crisalide. Da luglio si avrà così la nuova generazione, quella "estiva", e ricomincerà il ciclo... Importante sottolineare che la seconda generazione di bruchi, che entrerà in scena ai primi di agosto, è generalmente più numerosa e vorace della prima.
Le vittime preferite? Le larve di Ifantria prediligono il gelso e l'acero negundo; fanno comunque parte della loro dieta anche il platano, il sambuco, il tiglio, il noce, il salice, l'olmo e gli alberi da frutto in genere. Nutrendosi delle loro foglie, i piccoli bruchi portano alla completa defogliazione dell'albero senza ucciderlo. Questo riuscirà infatti a germogliare nuovamente, me ne verrà però bloccato l'accrescimento legnoso, un serio problema soprattutto quando l'albero in questione è un pioppo di coltura industriale. Le specie vegetali colpite dal parassita sono oltre 200 e, oltre ad alberi e arbusti, includono anche colture agrarie come l'erba medica, la soia, il mais e la vite. Per l'uomo e gli animali domestici l'Infantria non costituisce pericolo: i numerosi e lunghi peli bianchi infatti non sono urticanti, ma il disagio di natura igienica causato dall'invasione delle abitazioni è senz'altro indiscutibile.
In Pavia e provincia gli anni che hanno visto le maggiori infestazioni sono stati '89, '90 e '91; anche il 2000 però, dopo anni di apparente quiete, sembra destare qualche preoccupazione. I nemici naturali dell'Ifantria quali ragni, acari, insetti e uccelli di varia specie sembrano non aver fatto il loro dovere e, per la prima generazione di larve, è ormai tardi anche per gli interventi meccanici, quali il taglio dei rami infestati, o biologici e chimici.
L'insetticida per eccellenza nel caso dell'Ifantria è quello biologico a base di Bacillus thuringiensis. Si tratta di un batterio che, ingerito delle larve, produce nel loro intestino un cristallo proteico che, a sua volta, provoca la paralisi dell'apparato buccale. Il bruco, incapace di nutrirsi, nel giro di 5 giorni muore di fame.
Indiscussi i vantaggi di questo insetticida, rispetto a quelli tradizionali di natura chimica: più costoso, bisogna ammetterlo, ma assolutamente innocuo per l'uomo e selettivo, mirato quindi solo alla distruzione di questo insetto e non dannoso per altri suoi potenziali predatori.
Occhi aperti quindi dalla prima settimana di agosto: i risultati nella lotta a questo lepidottero dipendono dalla tempestività degli interventi stessi. |