Il Tabasco è una salsa al peperoncino piccante. Ma non è solo quello. E’ uno stato del Messico meridionale di 25 mila chilometri quadrati di superficie, con due milioni e duecentomila abitanti. E’ uno stato povero, e a parte la salsa al peperoncino e una manciata di rovine Maya, non sarebbe così interessante se laggiù non si parlassero 68 lingue diverse.
Lingue antichissime, che vengono addirittura dagli Olmechi, i progenitori degli Aztechi. Di queste 68 lingue, 29 sono in via di estinzione. In particolare una è parlata solo da due persone, Manuel Segovia e Isidro Velazquez. Peccato che i due abbiano litigato e non si parlino più. “Non si sa se - scrive il Guardian il 13 aprile 2011 – se all’origine della mancanza di comunicazione ci sia una disputa o se i due non abbiano semplicemente niente da dirsi.”
E’ questa notizia di cronaca che ispira Vera vuz - La vera voce, di Edoardo Erba.
Con affettuosa ironia l’autore immagina un ultimo colloquio fra Manuel e Isidro. Manuel è un trafficante di droga e sta per essere definitivamente estradato negli Stati Uniti. Isidro è un corniciaio che vive con una petulante cameriera e non ha mai lasciato casa sua. Dopo anni di silenzio i due parlano per l’ultima volta la lingua che solo loro capiscono. La ragione dell’astio che li ha separati rimane latente, per irrompere drammaticamente alla fine, dopo che la dolcezza della lingua li ha emozionati proiettandoli indietro nel mondo della loro giovinezza.
Per questo viaggio messicano nella memoria dove ogni parola riscoperta, restituisce gli odori, i sapori, i colori di un mondo perduto, Erba non poteva usare la lingua italiana. Con un’indovinata invenzione usa il dialetto di Pavia, sua città d’origine, un dialetto quasi estinto, parlato ormai da pochissimi cultori.
Ne esce un lavoro in dialetto ma non dialettale, dalla sonorità nuova, inedita, uno spettacolo vivo che grazie ai sottotitoli italiani integrati in un video d’autore, si rivolge a tutti. |