"Lo scrigno del sapere" è il titolo dell'argomento affrontato sabato pomeriggio da Caterina Zaira Laskaris e Andrea Albini - nell'ambito dell'iniziativa Tra parole e immagini, racconti d'arte, storia e scienza, tenuta nei Musei Civici del Castello Visconteo - che parleranno della celebre biblioteca dei Visconti e degli Sforza e del complesso orologio astronomico che vi era collocato.
Di seguito un intervento di Andrea Albini, relatore su quest’ultimo strumento capace, in passato, di richiamare ammiratori da tutta Europa.
Nel 1379, il famoso professore e scienziato padovano Giovanni Dondi si trasferì a Pavia come medico personale del duca Gian Galeazzo Visconti e del figlio Azzone, gravemente malato. Giovanni era stato altre volte nella città sul Ticino dove, dal 1361, esisteva lo Studio universitario.
A Pavia Dondi portò con sé (o completò una volta giunto in città) una meraviglia meccanica che rimase per almeno 150 anni nella celebre biblioteca del Castello Visconteo, richiamando studiosi da ogni parte d’Europa. Si trattava di un orologio astronomico di tipo planetario, in grado di mostrare non solo le ore e i giorni del calendario, ma di prevedere le eclissi e indicare le posizioni di Sole, Luna e dei cinque pianeti allora conosciuti: Mercurio,Venere, Marte, Giove e Saturno. E di fare tutto questo: «in ogni momento del giorno e della notte, con le nuvole e con il sereno».
Quando Dondi costruì questo strumento, gli orologi meccanici esistevano da meno di cento anni; ma il suo Astrario fu da subito un gioiello di ingegneria: composto da quasi trecento pezzi, di cui cento erano ruote dentate e pignoni. La ragione per cui un medico rinomato come Giovanni Dondi fosse anche esperto nell’arte della costruzione orologiaia è presto detto e ha un nome molto semplice: astrologia. Per quanto oggi possa sembrare strano, durante il Medioevo i medici studiavano l’astronomia per avere le basi necessarie per fare oroscopi ai loro pazienti. E spesso erano i medici stessi a insegnare queste discipline nelle università.
Una volta compreso che la rotazione delle stelle fisse e gli strani moti dei pianeti (chiamati appunto “stelle vaganti”), posti in un cielo che supponeva la Terra al centro dell’universo, potevano essere riprodotti con ruote e ingranaggi meccanici, diventa chiaro come l’Astrario di Dondi fosse, per i suoi contemporanei, una prodigiosa “macchina astrologica” capace, una volta avviata e sincronizzata sui movimenti celesti, di fornire con continuità tutte le posizioni planetarie, senza ricorrere ad osservazioni dirette o a lunghi e complicati calcoli astronomici.
In realtà, le ragione che spinsero Giovanni Dondi a costruire l’Astrario erano di tipo scientifico: egli voleva dimostrare agli increduli la teoria astronomica di Tolomeo con una realizzazione pratica. Ma per gli uomini e le donne del suo tempo l’interesse prevalente fu sicuramente quello astrologico! E lo dimostrarono chiaramente i nuovi padroni dell’Astrario: prima i Visconti e poi gli Sforza impegnarono a fondo l’orologio astronomico del castello di Pavia per ricavarne pronostici che credevano utili alla loro politica. Il cronista pavese Pier Candido Decembrio scrive che Filippo Maria Visconti teneva l’Astrario costantemente in funzione; mentre, più avanti, Ludovico il Moro – anch’egli ossessionato dall’astrologia – fece addirittura trasportare la macchina a Milano per un breve periodo, in modo che il suo astrologo personale, Ambrogio Varese, potesse usarla.
Anche se l’Astrario di Giovanni Dondi è andato perduto - conclude Albini - (nessuna macchina può resistere così a lungo nel tempo) esistono oggi, in vari musei del mondo, alcune copie dell’orologio ricostruite utilizzando il minuzioso manoscritto che ne descrive la fabbricazione.
È un vero peccato che manchi una riproduzione del prodigioso orologio proprio nella sua sede originaria: il castello di Pavia. |