L’invenzione della pila di Volta (1799) segna simbolicamente il passaggio dalla Filosofia Naturale dell’Illuminismo alla scienza applicata e alla rivoluzione tecnologica del XIX secolo. Segna in particolare la transizione dall’elettricità statica, quella ottenuta per sfregamento e che si manifesta nella scarica tra le piastre di un condensatore, poco controllabile e di impiego puramente dimostrativo, all’elettricità continua, alla corrente elettrica uniforme, che ancora oggi fa funzionare le macchine elettriche, dal telefono cellulare alle auto di nuova generazione.
Questa fondamentale invenzione fu concepita nell’Università di Pavia ed ebbe uno sviluppo e una diffusione travagliata per via delle tumultuose vicende politiche e militari che attraversavano l’Europa, e la Lombardia in particolare, negli anni a cavallo tra il XVIII e XIX secolo, a seguito delle campagne napoleoniche in Italia, la chiusura da parte degli Austriaci dell’Università di Pavia (e il licenziamento, se non l’incarcerazione, dei professori!), la costituzione della Repubblica Cisalpina e poi del Regno d’Italia.
Per questo Alessandro Volta costruì e sperimentò la pila nella sua casa di campagna a Lazzate (Como) e da Como inviò l’articolo sulla pila alla Royal Societydi Londra per la pubblicazione (20 marzo 1800). La scarsa efficienza postale nell’Europa in guerra e poi il comportamento poco corretto del Presidente della Royal Societyfecero sì che la notizia dell’invenzione della pila e le semplici istruzioni per la sua costruzione si diffondessero nel Regno Unito, e poi in Europa, attraverso la stampa quotidiana, ben prima che l’articolo di Volta fosse pubblicato.
Decine di ricercatori (fisici, chimici, medici), professionisti o dilettanti, si costruirono la propria pila e ne esplorarono le applicazioni (quella dell’elettrolisi dell’acqua da parte di William Nicholson fu la più rilevante). Volta apprese del successo clamoroso della pila da un quotidiano francese che giunse a Como a metà agosto del 1800. Ma non si adirò dell’appropriazione della sua invenzione, anzi ne fu contento perché questo gli procurò una fama e un prestigio che travalicarono l’ambito puramente scientifico. Lo stesso Napoleone manifestò il suo entusiasmo e gratificò Volta con onorificenze e pensioni. Né Volta, né i suoi contemporanei compresero il funzionamento della pila, perché la pila è una macchina chimica e la Chimica, allora, era nella primissima infanzia e del tutto ignara delle reazioni di trasferimento elettronico. Ci volle quasi un secolo (1889) per avere un’interpretazione convincente del funzionamento della pila di Volta e delle celle e batterie che ne derivarono.
Il Prof. Luigi Fabbrizzi sarà ospite del seminario Tutto quello che avreste voluto sapere sulla Pila di Volta (ma non avete mai osato chiedere) - che ”deriva da un saggio (L. Fabbrizzi: ‘Strange Case of Sig. Volta and Mr. Nicholson. How Electrochemistry Developed as a Consequence of an Editorial Misconduct’) in corso di pubblicazione su Angew, Chem. Int. Ed. - a moderare l'incontro il Prof. Adalberto Piazzoli. |