C’era una volta una città, che si affacciava su di un bel fiume azzurro. Non aveva un clima bellissimo, d’inverno faceva freddo, anche se la nebbia qualche sera (sempre meno invero) la avvolgeva in un’atmosfera sognante e sospesa. L’estate poi, calda, umida, afosa, era davvero un’inferno. La maglietta ti si appiccicava alla pelle e se tentavi di uscire, soprattutto dopo il calare del sole, le zanzare banchettavano felici col tuo sangue, rovinandoti completamente la passeggiata.
Con queste premesse potevi pensare che, in un posto così, non fosse facile organizzare, durante la bella stagione, uno spettacolo all’aperto, peggio ancora una serie di spettacoli, meno che mai una “rassegna cinematografica estiva”, con più di trenta proiezioni, quattro alla settimana, nei mesi di giugno, luglio e agosto.
Forse una cosa sola era meno pensabile di tutto questo, e cioè dare un tema alla rassegna, un tema assurdo, tipo: “I rapporti umani e la loro crisi (quella vera, non quella “percepita”) nell’epoca contemporanea”.
Sì, va bene. E poi? Distribuiamo anche cilici e gatti a nove code per l’autoflagellazione all’ingresso?
No, no, non è finita. Nella rassegna si potrebbero mettere, del tutto irrazionalmente, proprio quei film che, per ovvie ragioni economiche, commerciali, di buon senso insomma, non sono stati proiettati durante l’inverno.
No scusa, ma sei da ricovero! Ma se statisticamente tutte le città di quella nazione, carine, di piccola taglia, che si affacciano su di un bel fiume azzurro, dico tutte le città così, quei film lì non li fanno d’inverno!E tu cosa fai? Tu me li vuoi mettere in programmazione d’estate? D’estate, ribadisco, quando al cinema la gente non ci va nemmeno per un horror o per una commedia che ti mostra, o promette di mostrarti, un pezzo di capezzolo in più di quello che ti ha fatto intravedere in tv tutte le sere…
Va bene. Facciamoci del male allora. Mostriamo d’estate, all’aperto, in un clima afoso, caldo umido e zanzaroso, tutti quei film che d’inverno, quando entrare in una sala riscaldata farebbe pure piacere, la gente non ha voluto vedere. Ma che dico? Non ha proprio preso in considerazione di vedere.
Lo facciamo almeno gratis? No. Facciamolo a pagamento, ma poi, quando la gente ha fatto la sua scelta, è uscita di casa e, paziente e fiduciosa, sotto il morso impietoso delle femmine più crudeli, dopo quelle di razza umana, attende di pagare il suo ingresso per sedersi davanti alla schermo… l’ultima beffa: informiamoli, gentilmente ma fermamente, che i posti sono esauriti, che, di pazzi come loro il cortile è già pieno e che, se lo vorranno, potranno riprovarci l’indomani. Chissà, magari saranno più fortunati. |