Qualcuno mi ha chiesto “Ma voi recensori, vi rendete conto di parlare quasi esclusivamente di gente che ha quasi settant’anni?”.
La risposta immediata (e la più facile) sarebbe stata “Il Rock non ha età!”; e questa è una sacrosanta verità.
Resta però comunque da chiedersi come, in realtà, l’affermazione/domanda di cui sopra contenga verità tanto incontestabili quanto inquietanti.
Sì perché, alla fine della fiera, i nomi di spicco del rock mondiale (da McCartney ai Rolling Stones, da Cohen a Dylan a Costello, dai Deep Purple ai Pink Floyd agli Who, sono tutti personaggi che ormai hanno dai sessanta ai settant’anni.
E i giovani?
Premesso che si ascoltano le cose più interessanti sui vari myspace, la nostra industria discografica non è mai stata lungimirante ne oculata nello scegliere gli artisti da produrre; i nomi che hanno dominato il mercato italiano del rock non sono certo eclatanti ne tantomeno epocali.
E all’estero?
Sì, ci sono stati nomi “meteora”(apparsi all’orizzonte e poi subito scomparsi) e tra quelli rimasti Michel Bublè non ha fatto che ricalcare le orme di Frank Sinatra, gruppi bravissimi come i Porcupine Tree, i Muse, i Kings of Convenience hanno ricalcato le orme dei Pink Floyd e dei Genesis, dei Queen e dei Depeche Mode, di Simon & Garfunkel, e così via.
Il campo della disco rinnova le facce e i sederi da mostrare, ma la musica è sempre quella e l’hip hop è ormai “lesso” e continua a riciclarsi.
Sì, lo ammetto, sono stato un po’ duro, ma è per farvi capire che a volte è meglio parlare di prodotti di qualità, senza stare a guardare l’età anagrafica di chi li produce. |